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LA SICUREZZA ALIMENTARE ANTIDOTO PER L’INTEGRALISMO

LA SICUREZZA ALIMENTARE ANTIDOTO PER L’INTEGRALISMO

(6 febbraio 2019 – cooperazione) – Arrivano in queste ore notizie luttuose dal Burkina Faso dove un attacco di matrice jihadista ha provocato 14 morti tra persone inermi a Kain (provincia di Yatenga, Regione del Nord al confine col Mali). A questa notizia è seguito un comunicato delle Forze armate che parla di una risposta “che ha permesso di neutralizzare 146 terroristi” anche nelle province di Loroum (località Banh) e di Kossi (località Bomboro). Fatti che preoccupano non poco tutte le persone che guardano a quel paese con attenzione per le sue antiche caratteristiche di convivenza e tolleranza tra le circa 60 etnie insediate da secoli. Per la cooperazione italiana di cui Tamat è partner attiva da 20 anni proprio nella “Terra degli uomini integri” (questo significa Burkina Faso) l’innalzamento del livello dello scontro costituisce un moltiplicatore di problemi anche, se fino ad ora, non si registrano episodi ai danni del proprio personale né dei partner. Tamat è decisa (in questo triennio è attiva con il progetto R.A.S.A.D. – cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo con partner l’Association Initiative Communautaire Changer la Vie/Nazemse (ICCV/Nazemse), la Regione Umbria, l’Ente Nazionale per le Energie Alternative (ENEA), Bambini nel Deserto Onlus, l’Associazione Psicologi per i Popoli nel Mondo, l’Associazione Ital Watinoma, e l’Associazione Watinoma Burkina Faso) nel proseguire lungo la strada intrapresa per il conseguimento di una piena sicurezza alimentare, unico vero antidoto al dilagare degli integralismi e delle faide. Per questo sta concentrando i propri sforzi sul sostegno alle donne impegnate nella gestione degli orti urbani e nei villaggi dove si sta facendo strada la pratica biologica nella coltivazioni. Il ruolo delle donne nell’affermazione del diritto di permanenza nelle terre originarie per Tamat è il perno della propria azione: non a caso ha sostenuto l’apertura di un ristorante di comunità (la Jardinière) a Cissin (periferia di Ouagadougou). Qui vengono utilizzati i prodotti degli orti urbani coltivati in aree prossime da donne che operano grazie anche alle campagne di micro-credito (nel 2019 partirà la decima annualità) sviluppate con cifre oscillanti tra i 100 e 200 euro all’anno: cifre che in Europa sarebbero irrisorie e che, invece, nel Sahel fanno la differenza tra poter mangiare una volta al giorno oppure nutrirsi come la vita umana richiede.
Sicurezza alimentare nel Sahel, come ovunque, è anche la certezza di poter acquistare le sementi a prezzi accessibili anche dopo stagioni sfortunate per il raccolto: da qui la costruzione di un magazzino consortile (sempre a Cissin) dove ortolani e contadini possono rivolgersi. Esempi di come agiscono le organizzazioni non governative nelle zone del pianeta più svantaggiate: pur nella loro piccola dimensione (comunque garanzia di successo per i progetti) indicano l’unica strada praticabile per mantenere la pace in territori i cui abitanti chiedono solo di poter vivere dignitosamente.